“A volte una guerra genera delle conseguenze peggiori della guerra stessa”, è la frase di un vecchio film dove, a partire da una battaglia, si scatenavano conseguenze inimmaginabili che alla fine non permettevano a nessuno di poter dire con convinzione né di aver vinto né di aver combattuto per una causa giusta, nobile. Insomma, il classico caso in cui si dice: potessi tornare indietro me ne starei zitto e buono.
Noi, qua a Siena, ci ricordiamo ancora tutti la celebre “guerra della Zumba”, dove i fronti contrapposti erano chiari apparentemente… Chi diceva: utilizziamo il Santa Maria per qualcosa di serio e non per farci palestre e balli di gruppo e chi diceva: meglio di nulla vanno bene anche le palestre. Tralasciando le questioni di sicurezza e cura dei beni artistici del luogo, chiaramente. Bene, chi l’ha vinta questa guerra? Nessuno. Perché la conseguenza concreta è che coloro i quali sostenevano “piuttosto che niente meglio piuttosto”, oggi hanno paura di scatenare una “seconda guerra della zumba” per cui al Santa Maria della Scala non avverrà più niente.
Porto due dati a conferma che siamo rimasti tutti col cerino in mano. Giornata mondiale della danza, fatta a Siena nelle vetrine dei negozi perché nei musei – dove inizialmente pareva potessero tenersi le esibizioni – non era più il caso.
Eppure la danza, che sia classica o moderna, non è ginnastica, non è palestra, non è movimento è gesto, non è aggregazione è cultura ed arte. Ma meglio non rischiare, devono aver pensato. Probabilmente a qualcuno la settimana dello sport non deve essere andata giù e prima di rivivere giornate come quelle preferisce valutare bene ogni successivo utilizzo di quegli spazi. Bene diciamo noi, ma valutare significa fare scelte. Aprire e chiudere i cancelli a seconda del progetto. La cosa più difficile da fare.
Si torna a parlare di Santa Maria della Scala e, stavolta, lo si fa allargando l’orizzonte. E’ stato convocato proprio a Siena, infatti, il prossimo 23 maggio, il tavolo interistituzionale che sarà chiamato a organizzare il trasferimento del patrimonio della Pinacoteca nei locali dell’antico Spedale. A Palazzo Berlinghieri si incontreranno, dunque, i rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte – Comune, Provincia, Regione, Direzione regionale, Soprintendenze, Arcidiocesi (proprietaria di una parte delle opere che fanno capo al Museo diocesano) e, ovviamente Ministero che deve dettare la linea, giacché le opere in Pinacoteca sono di proprietà e quindi di competenza dello Stato.
Date da ricordare. Quel 26 agosto 1992 quando al mattino i sarajevesi già piegati dai primi mesi di assedio sentirono odore di fuoco, di carta bruciata. Quando le strade erano invase di bruscoli neri, bruciacchiati. Erano i libri in fiamme, distrutti, ridotti in cenere della Vijećnica, la biblioteca di Sarajevo. Libri, documenti antichi, simboli dell’unione culturale della città bosniaca dove culture differenti convivevano da secoli. La notte precedente la biblioteca fu infatti bersaglio degli obici dei serbi di Bosnia asserragliati sulle alture attorno alla città. Quell’edificio annerito è rimasto uno dei simboli di quella assurda guerra civile. E qui veniamo alla seconda data da ricordare, quella del 9 maggio 2014, quando finiti i restauri (finanziati da nazioni ed associazioni di tutto il mondo) la biblioteca della Vijećnica ha riaperto le porte.
“L’Europa ha scelto il 9 maggio come sua festa perché in quel giorno era stato battuto il fascismo. La costruzione dell’Unione europea ha fatto superare il fascismo delle società dei suoi paesi, stabilendo nuove fondamenta di libertà, tolleranza, parità tra popoli, solidarietà e democrazia. Tutto questo è sintetizzato dalla Vijećnica. Lei è il simbolo della vittoria sul fascismo”. Queste sono state le parole del sindaco di Sarajevo, Ivo Komšić More…
C’è un piccolo angolo di Siena proprio nel centro di Bruxelles. Giocando d’anticipo sulla grande mostra che la Commissione Europea (pare) dedicherà al gotico senese durante il semestre di presidenza italiana, un manipolo di coraggiosi e determinati giovani senesi ha varcato i confini della patria natia, per aprire un temporary space e iniziare a piantare radici nel cuore della capitale d’Europa.
Il progetto che ha portato qui la Galleria FuoriCampo parte da lontano, da un’idea importante che ruota intorno alle residenze d’artista [Artiste Domicilié(e)], che per noi profani significa permettere a un artista di risiedere per un periodo in un altro paese – ospitato da un mecenate, spesso collezionista o comunque addetto ai lavori – per immergersi in un’altra cultura, contaminarsi con le altre tendenze, crescere, fare network, imparare, scambiarsi idee e suggestioni e, alla fine, produrre nuovi lavori che possano godere appieno di questa contaminazione. Quello che – per capirsi – anche la candidatura a Siena 2019 ha inserito in uno dei dieci progetti flagship, pensandolo in entrambi i sensi: artisti senesi che vanno, artisti stranieri che arrivano.
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