Stereotipo. Tutti noi abbiamo delle caselle mentali in cui archiviare ciò che non conosciamo bene, una visione di qualcosa o qualcuno che fino a che non diventa diretta è rappresentata con uno stereotipo. E fino a qua niente di male perché se davvero siamo persone curiose o se davvero siamo interessati a quel qualcosa o qualcuno vogliamo andare oltre lo stereotipo e conoscerla più a fondo. E qui iniziano i guai. Perché spesso lo stereotipo è rassicurante e la realtà la consideriamo un tradimento dell’idea che avevamo, non ci piace e ricerchiamo anche in questa le tracce dell’immagine stereotipata che avevamo prima. E le troviamo. E non evolviamo, e non andiamo oltre. Ma siamo felici, o almeno sereni, abbiamo trovato quello che cercavamo rimuovendo la realtà.
In termini turistici è ciò che facciamo ogni volta che viaggiamo: scegliamo una meta in base all’idea che ne abbiamo, leggiamo e ci informiamo su ciò che troveremo e quando siamo lì cerchiamo ciò che già, teoricamente, conosciamo. Abbiamo paura di farci stupire, abbiamo paura di essere delusi. Ecco, è la delusione lo strumento unico che abbiamo per ribaltare gli stereotipi. More…
ovvero l’Anti Reportage su Italia-Uruguay
FIRENZE. Carlotta sta una delizia sotto questo cappello, ecco cosa ha detto il cameriere mostrandomi la foto sul display.
Marciare o marcire strepita a caratteri cubitali il poster incorniciato dentro le Giubbe Rosse. Slogan futurista appeso lì da quasi un secolo sopra la bottigliera a specchio.
Questa topa qui invece, che appare seminuda sull’Iphone è l’autentica regina delle notti alle Cascine, così mi spiega il cameriere: la peccaminosa Carlotta, la scandalosa Carlotta. Questa per esempio è una sfilata di macchine ai mondiali del novanta, dopo una partita in cui vincemmo qualificandoci ai quarti di finale.
Qui Carlotta ha il viso tutto dipinto, il culo fasciato da un tricolore attillato, danza sul tetto di una Saab colore bianco. O patria, o morte! Marciare o marcire!
Puoi guardare più ingrandito dice tutto infoiato. È una foto da espandere ancora mi assicura il cameriere. Eccolo il vero nome, Carlo Biagiotti si chiamava. Tra i primissimi trans d’Italia. Novità assoluta per quei tempi. Si mormorava addirittura che andasse a letto con onorevoli e calciatori della nazionale.
Piazza della Signoria. All’angolo, in via dei Magazzini, il fioraio è chiuso. Mi servono i fiori.
…e una storia che non conclude
L’ora degli scrutini. I passi nella scuola suonano strani se non si incrociano ragazzi (“Vado in bagno”, “Ha da spicciarmi cinque euro per le macchinette?”, “C’è il prof tal dei tali?” “Mi aiuta con le fotocopie?” “C’è un dizionario di…?” “Come sta, prof?”…).
L’ora degli scrutini e l’ora delle riflessioni. Che si fanno guardando una crepa nel muro, affacciandosi ad ammirare il rincorrersi di tetti, di case, giù giù fino alla campagna, e nel mezzo la Torre e la piazza, ma pure dietro la finestra che dà nella corte interna senza osare aprirla anche se è caldo perché lì è una foresta amazzonica di piante non ben specificate, sconosciute, con grosse foglie ad ombrello che crescono ogni anno con noi, puntuali come le rughe sulla faccia.
L’ora in cui tiri e allarghi e provi a valutare e valutarti: cosa è stato fatto di buono? E a parte gli esami a settembre, a parte i “Questo ragazzo premiamolo perché ha fatto tutto quello che poteva” e il conto dei crediti e la maturità che si avvicina (tutto detto e fatto con la mano sul cuore, pensandoci e ripensandoci), a parte tutto ciò, quest’anno viene voglia di farne un altro di bilancio. More…
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