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Ok. Siamo (forse) fuori tempo massimo. Degli Stati generali della cultura abbiamo parlato e ascoltato tutti quanti: molte osservazioni, molti punti di vista, molto di tutto. Noi della BombaCarta abbiamo cercato di farne una cronaca in tempo più meno reale grazie al live twitting tramite il nostro profilo (non siete ancora nostri follower?? malissimo. followateci qui!) ma è giunto comunque il momento di tirare un po’ le somme.
Lo farò, così, per punti, tentando di riassumere le questioni. Dunque. Partiamo dalle buone notizie.
“Se non si commissiona il Palio a un artista, automaticamente non si avrà un’opera d’arte“. Sembra una tautologia l’affermazione di Francesco Carone – autore del Palio ‘bianco’ dell’agosto 2011 – ma a ben vedere no lo è. E anzi riflette bene certe scelte operate negli ultimi anni dall’amministrazione comunale.
Anche Franesco Carone è stato tra i protagonisti dell’ultima puntata di Siena Cult Sera che noi della BombaCarta abbiamo curato, cercando di indagare il rapporto tra Palio e arte contemporanea. Se ve la siete persa, le rivedete per intero qui.
Il Drappellone è un’opera pubblica (anche se poi diventa privata) e come tutte le opere pubbliche è, dunque, una grande responsabilità.
Lo sostiene Eugenia Vanni, artista che ha dipinto il Cencio del 2 luglio 2009 e che riflette con noi della BombaCarta sulla valenza e il significato artistico di uno dei maggiori simboli di Siene e della sua cultura.
“Negli ultimi dieci anni Siena ha perso molte occasioni”.
Lo afferma Claudio Maccari, artista che realizzò il Drappellone del 16 agosto 1998, e che ha commentato con noi della BombaCarta il rapporto che esiste tra il Palio e l’opera d’arte.
Due settimana fa, preparando la puntata di Siena Cult Sera sugli Stati Generali della cultura (prima di sapere che il Comune li avrebbe rimandati di nove giorni), tutti i ‘pezzi’ della BombaCarta hanno dato il loro contributo. Un’analisi, una proposta, uno scenario dell’area tematica nella quale ognuno di noi opera e si muove.
La puntata per intero la ritrovate qui.
Questo è – invece – il contributo di Serena Fineschi, la sua ‘quarta di copertina’ d’artista.
Arriva l’Expo, si salvi chi può! Non so perché, ma i dati diffusi con magnificente entusiasmo – 8 milioni di biglietti già venduti, di cui 5 all’estero e uno solo in Cina – a me fanno girare la testa. E per carità, lo so che è un evento importante, che smuoverà visitatori da tutto il mondo, che è una grande vetrina per l’Italia – sperando che la vetrina migliori, con il tempo, perché se ci mettiamo in vetrina su verybello.it, amici miei, siamo messi male, ve lo dico – ma non vorrei che tutto questo entusiasmo ci sfuggisse di mano. A sessanta giorni, poco meno, dall’inaugurazione ufficiale dell’Expo, a Milano si fanno le corse contro il tempo e i conti col pallottoliere per capire quante migliaia di operai servono per riuscire a concludere i lavori e evitare la figuraccia mondiale, ma altrove non si fa che parlare di come l’Expo aiuterà tutto e tutti e porterà la nostra terra all’attenzione di un pubblico internazionale fantasmagorico.
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