S3

Idee, Scenario

La follia di aver dimenticato il Conolly

26 Mag , 2016  

Fa male al cuore, vederlo lì, con la rete rossa dei cantieri che prova a sostenere il suo declino, a  imbrigliarne il  destino ormai segnato, quello di sfasciarsi pian piano e cadere giù a pezzi. Chiunque abbia varcato una sola volta il cancello del villaggio del San Niccolò, l’ex ospedale psichiatrico, non può non averlo notato: il Padiglione Conolly giace lì in mezzo, dove la collina inizia a degradare verso la valle dell’Orto dei Pecci. Affaccia su una strada che non si capisce bene se sia sotto la cura dell’Asl o dell’Università, le due istituzioni che negli anni si sono avvicendate alla gestione e guida di quell’area, poco più avanti inizia la zona privata dove una lottizzazione ha costruito begli appartamenti. Mi chiedo cosa provino gli abitanti di quelle case, ogni giorno e ogni sera passando davanti a quell’edificio così intriso di memoria – anche dolorosa memoria – eppure così abbandonato. Dimenticato, come nel più surreale dei paradossi.

Il Padiglione Conolly è quasi un unicum nel suo genere. Costruito secondo le modalità suggerite dal filosofo e giurista illuminista Jeremy Bentham, è uno dei rari esempi italiani di panopticon, significa che, da un solo punto di vista centrale, un unico occhio poteva osservare – e in questo caso controllare – tutte le camere-celle che si aprono intorno a raggiera. Realizzato alla fine dell’Ottocento, era l’edificio destinato ad accogliere i malati ritenuti più pericolosi e ingestibili, quelli appunto che dovevano essere controllati a vista, controllo reso possibile da questa particolare struttura architettonica che ottimizzava – in un’epoca ante litteram – le risorse umane e le economie gestionali.

Come spesso accade a Siena, anche il Conolly è caduto nell’abbandono. Non tanto (o in questo caso non solo) quello architettonico da patrimonio di mattoni e cemento ma, soprattutto, quello culturale. E’ sparito dall’orizzonte degli spazi degni di memoria, di interesse, di cura. Di amore e rispetto, seppur postumo, anche per tutti coloro che da lì sono transitati, vuoi come medici e operatori, vuoi come pazienti rifiutati e sofferenti. Eppure, negli anni, qua e là, qualcuno ha provato a riaccendere il faro su quel Padiglione sui generis, lasciato ad ammuffire da una diatriba anche burocratica. Lo avevano fatto, ad esempio, due progetti come  sPAZZI e  Siena e il Suo Doppio, una scheda su di lui è inserita sul portale dell’EcoMuseo e, di recente, l’idea è stata ripresa anche da un altro progetto, promosso da il lavoro culturale insieme a Culturing e Acquario della memoria, legato al bando Culturability.

C’è, insomma, questa sensibilità che si aggrega, sospinta da chi non rinuncia a recuperare uno spazio così pregno di significati. Recuperarlo poi come, è tutto da vedere. Innanzitutto evitando che crolli definitivamente: basta guardarlo da fuori per capire che non manca ormai molto, basta sbirciare attraverso i vetri rotti dalle finestre per notare che, nonostante la rete rossa, c’è comunque qualcuno che ci si avventura dentro chissà in cerca di quale adrenalina o intimità, finché una buona stella fa sì che il tetto resti su e non gli crolli in testa.

Cosa farne del Conolly, dopo, è una riflessione tutta da aprire. Di certo, a mio modesto parere, non un luogo imbalsamato e destinato a prendere altra polvere, dopo tutta quella che si è già accumulata lì negli ultimi decenni. Probabilmente uno spazio aperto alla cultura e al confronto, proprio per lavare via la sofferenza della segregazione e dell’esclusione legate alla follia che da lì è passata senza dubbio, in un’altra epoca. In ogni caso, il primo obiettivo sarebbe, appunto, quello di salvare il salvabile. E proprio con questa idea è partita, nei giorni scorsi, un’altra petizione con raccolta firme: a ieri erano già 400, non solo senesi, quelli che avevano aderito (tutti i dettagli li trovate qui), entro il 31 maggio saranno inviate alla campagna lanciata da Matteo Renzi per il recupero dei luoghi culturali dimenticati. Per carità, la battaglia sarà dura: a disposizione ci sono 150 milioni di euro, è vero, ma le mail già arrivate al ministero sono oltre 44mila per segnalare 1800 luoghi sparsi in tutta Italia e i numeri sono in continuo aggiornamento. Insomma, non c’è poi tanto da sperarci.

Ma almeno la grande adesione ha dimostrato che non sono pochi quelli che hanno a cuore il Conolly e, per esteso, l’intero villaggio dell’ex psichiatrico,  compresso appunto tra questa doppia forbice, l’Università (proprietà in parte dell’Inpdap, pare) da una parte e l’Asl dall’altra, di cui ancora bisogna venire a capo. E magari, stavolta, le idee, i progetti, e la volontà di recuperarlo e portarlo a nuova vita potranno davvero vedere la luce. Lavando via il dolore ma, soprattutto, l’abbandono.

Giulia Maestrini

ps – l’immagine di copertina fa parte di un progetto fotografico di Giacomo Doni che potete vedere per intero qui

ps2 – sul tema San Niccolò, città dimenticata dentro alla città, la BombaCarta ci tornerà presto e approfonditamente. Questo è solo un assaggio, aspettare per credere. 

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