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Idee, Scenario

Laurearsi nell’era dell’accesso

1 Lug , 2016  

La questione è antropologica, non di natura culturale. A limite si tratta di marketing istituzionale e non di altro. Non c’entrano nulla le tradizioni, ma le politiche di immagine necessarie ad una università nel mondo contemporaneo. Sto parlando della cerimonia dei laureati in piazza San Francesco, a Siena, il “Graduation Day” di pochi giorni fa. Chiaramente la città si è divisa, tutti hanno avuto un commento da fare ed in genere negativo, ma secondo me senza cogliere la vera essenza della questione, o del problema se di problema si tratta.

Innanzitutto, liberandoci subito da questo tema (che invece è stato buttato nella discussione da molti) non c’entra niente con le Feriae Matricularum, con i goliardi o con il goliardo. Nessuno vuole importare una tradizione a scapito di altre. Non mi pare che per il loro (anacronistico) maggio i Goliardi abbiamo avuto difficoltà rispetto al passato. Il loro copricapo poi è quello degli studenti, il “tocco” usato per la cerimonia di giugno rappresenta il passaggio della laurea, non più studenti ma dottori, non più goliardi quindi. Avrei voluto poi sentirli i commenti se avessero fatto indossare a tutti i laureati in piazza San Francesco il goliardo dell’Università degli Studi, allora sì che ci saremmo divertiti.

Però una cosa è certa, si inventa di sana pianta una cerimonia che nulla ha a che vedere con la storia della nostra università e per di più l’invenzione è soltanto una copiatura di cerimonie che si svolgono altrove. A me è capitato due volte di assistere a cerimonie simili negli anni passati, per caso. Una volta a Padova ed una a Trieste. Poi so che lo fanno anche Venezia, Trento, Brescia, Cattolica e Bocconi a Milano, Sassari e chissà quante altre. Non si tratta quindi di scimmiottare una tradizione americana, o amerikana come in queste ore con malcelata nostalgia abbiamo rivisto scritto sui social. Ma di arrivare in ritardo su qualcosa senza pensare di renderla più affine alla storia del nostro Ateneo, al nostro passato e soprattutto alla nostra immagine. Senza neppure cambiare qualcosa per renderla più personale, come invece si fa quando si compra qualcosa di usato.

Dicevo, si tratta di marketing, che è indispensabile. Perché nessuno sogna di studiare all’Università di Siena solo perché negli ultimi anni è stato risanato il bilancio (e di conseguenza nessuno si rifiutava di venirci perché il bilancio aveva passato anni bui, mettetevelo in testa) e purtroppo neppure solamente perché la qualità della ricerca è alta in confronto ad atenei simili. No, conta molto il valore aggiunto della città e di conseguenza la vita studentesca. Le attività extracurriculari e l’idea di università integrata nel tessuto sociale cittadino. Una festa per i laureati in piazza risponde perfettamente a questa ipotesi, certo con scarsissima fantasia, ma credo che l’intento sia stato questo.

Ci sono però delle problematiche che non ho letto in nessun commento o analisi di questi giorni. Partendo dal presupposto, tutto mio, che il “Graduation Day” sia parte di una campagna di comunicazione che, con eventi specifici e concreti, costruiscano una nuova immagine del vivere universitario a Siena, mi chiedo: siamo sicuri che una campagna di comunicazione di questo tipo sia positiva per l’immagine dell’ateneo, o di qualsiasi ente? Ritengo sia infatti necessario tenere conto che ogni cambiamento che creiamo ricadrà su tutte le strutture dell’amministrazione e che una campagna di orientamento non ha soltanto effetti immediati (anzi, soprattutto per le campagne istituzionali gli effetti immediati sono difficilmente tracciabili e soprattutto sono aleatori) ma effetti a cascata che si potranno valutare anche con anni di differenza: la mission stessa della campagna è la costruzione di un’immagine che non soltanto attragga nell’immediato, ma che resti. Ecco, su questo effetto a lungo termine non sono molto convinto. Non mi lego quindi alle polemiche cittadine sulla mancanza di tradizionalità dell’evento e neppure sul nome internazionale, ne condivido infatti il tentativo, ma sono sicuro che renderlo più “originale” rispetto ad altre esperienze avrebbe fatto bene all’evento stesso, alla sua reputazione immediata e all’immagine generale e futura della nostra Università.

C’è poi un’ultima riflessione che voglio fare e che mi frulla in testa da alcuni anni, non da adesso. Da tempo ormai, da quando è stata introdotta la laurea magistrale ed il cosiddetto 3+2, si assiste ad un eccesso di festeggiamenti, lo vedo girando per i corridoi dei dipartimenti e per le strade cittadine: anche una laurea di primo livello riversa in strada amici, famiglie, fiori e bottiglie di vino. Sono comparsi anche a Siena alcuni manifesti murali (tipici di altre università) e gli orrendi cori che mai nel nostro ateneo si erano sentiti. La voglia di protagonismo, la voglia di sottolineare con l’eccesso il giorno della laurea (delle lauree, visto che poi ci sarà la specialistica) è secondo me un fenomeno da analizzare e la festa in piazza, il “Graduation Day”, cerca di mettere a frutto questo strano e becero andazzo. Il selfie con il tocco in testa, la foto di gruppo con un pannello fotografico alle spalle, il lancio dei cappelli verso il sole non sono altro che una modalità, furba e forse efficace, per tradurre all’interno dell’istituzione universitaria questa naturale voglia di protagonismo che un tempo avremmo definito devianza antropologica o gazzillorata fuori dal comune. Oggi invece è proprio quel che vogliamo: ci sentiamo per un giorno protagonisti di qualcosa che abbiamo visto fare ad altri, accediamo ad uno status per una volta nella vita che non è il nostro, ma quello dei film. Non è lontano dalla nuova moda (e dio benedica chi me li ha fatti scoprire) dei video per i diciotto anni o da certi matrimoni accessoriati. Non lo dico io che è il mondo dell’apparire, e nell’apparire non importa essere e neppure più avere ma accedere a qualcosa. Questo alla fine il valore aggiunto del Graduation Day.

Giuseppe Gori Savellini

ps- Sulla dicotomia di una università orientata ad attrarre studenti anche attraverso l’immagine di integrazione col tessuto sociale cittadino ed una città che invece è sempre pronta a distinguere in noi e loro, ci torneremo su, presto.

ps2 – la foto indubbiamente suggestiva è presa dalla pagina Facebook dell’Unversità di Siena

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