Sgombriamo il campo: io in centro ci abito. So bene, dunque, cosa significa. Sono consapevole dei suoi aspetti stupendi e delle sue criticità. Insomma, lo tocco con mano, ogni giorno. Mi godo la luce indescrivibile dei tramonti, quando le rondini segnano il cielo di primavera a contrasto con il marmo che luccica, e bestemmio dietro agli incivili che vomitano e usano il portone di casa mia come orinatoio a cielo aperto; assaporo il rumore dei miei passi sulle lastre, quando in giro non c’è nessuno, e impreco contro gli ubriachi che alle 4 del mattino berciano improbabili canzoni stonate barcollando verso casa. Insomma, so di cosa parlo. Lunedì sera ero, come tantissimi, alla serata di chiusura di Un Tubo: c’ero perché è un luogo che mi piace e che ho sempre sostenuto, c’ero perché esserci significava anche lanciare un messaggio.
Questo è il primo aspetto importante da sottolineare in tutta questa vicenda (che conoscete quasi tutti e su cui abbiamo già ospitato un bellissimo intervento di Alfonso Diego Casella che potete rileggere QUI): la partecipazione. In una città in cui, troppo spesso, ci muoviamo a compartimenti stagni e in cui ognuno è più preoccupato di innaffiare il proprio minuscolo giardino che di guardare cosa avviene di là dal cancello, stavolta il mondo della musica – e non solo – ha fatto quadrato. Il movimento che è nato intorno alla chiusura di Un Tubo ha coinvolto e sta coinvolgendo tantissime persone, diverse per stile e per formazione, non sempre amiche ma che stavolta rispondono ‘presente’ in nome di una battaglia che è di tutti e per tutti. O che, almeno, dovrebbe esserlo.
Un regolamento urbanistico obsoleto da una parte e una morale spesso troppo censoria dall’altra creano, da sempre, problemi enormi a chi fa musica dal vivo (anche a chi fa altro, per la verità, ma oggi parliamo di musica): l’insonorizzazione dei locali è sacrosanta, in una città come Siena che è tanto fragile quanto complessa, con i suoi vicoli che rimbombano e la voce che si amplifica nella notte resa silenziosa dall’assenza di traffico. Ma altrettanto sacrosanta deve essere la vita, se vogliamo davvero combattere – come spesso ci siamo detti – la visione medievale di un luogo di silenzio e riposo, di dormiveglia anestetizzato che tutto avviluppa in una morsa mortale. Qui troppo spesso si ha la sensazione che niente possa o debba accadere. E si finisce, così, per mettere tutto dentro un unico calderone di vincoli e limiti il baretto che attacca le casse alla radio e serve alcolici fino alle 4 del mattino e i club che vogliono, tentano di fare anche una proposta culturale vera, continuativa e di qualità.
In questi giorni sta circolando, non solo on line, una petizione indirizzata a giunta e consiglio comunale ai quali si chiede che «locali e musicisti possano lavorare in una legalità ben definita, che miri a valorizzare la musica live, nel rispetto dei cittadini e dei residenti. Valorizzare questo tipo di iniziative è importante per una città che vuole rimanere viva, che vuole continuare ad essere un centro culturale apprezzato in Italia e all’estero». E in una città, aggiungo io, che ospita realtà didattiche importanti e riconosciute, dal Siena Jazz alla Chigiana fino alla meno ‘istituzionalizzata’ Rock Factory: sfornano talenti che poi non hanno spazio e modo di suonare e questa città continua a non saper valorizzare i propri investimenti, come quando forma gli universitari e poi li caccia perché abbiano successo altrove.
La petizione, dicevamo, è nata in seno al Siena Jazz – dove è ancora disponibile: se volete firmarla di carta la trovate lì oppure a Rock Factory – e poi è stata rilanciata on line grazie al collettivo di giovani musicisti BlueRing Improvisers (di cui, guarda caso, avevamo già scritto in passato: QUI). Solo on line ha raccolto 800 firme il primo giorno, arrivando a 1300 il secondo, e tra queste ci sono tutti, musicisti, gestori di locali, fan e appassionati, operatori culturali, insegnanti non solo senesi. Questo è l’altro aspetto interessante di tutta questa vicenda: nonostante tutto – tutto – Siena è ancora una città che ha appeal. Qui nascono ancora realtà intelligenti (e non mi riferisco solo a Un Tubo) che sono capaci di segnare il passo nella loro disciplina, capaci di intercettare talenti, di suscitare interesse, di avere una risonanza che va al di là delle nostre claustrofobiche mura. Realtà che nascono a questo scopo, che non cercano la musica solo per fare numeri un giorno al mese, sottopagando i musicisti stessi, ma per contribuire davvero a un’offerta culturale.
Dobbiamo sostenerle, non prenderle a bastonate. Dobbiamo investire su questa cultura – che non è, perdonatemi, il baretto che attacca le casse alla radio – se vogliamo avere una speranza di continuare a esistere come identità cittadina e non come piccola Disneyland medievale da mezza giornata, panino con porchetta incluso. Altrimenti, nella nostra continua ricerca di quiete e riposo, continueremo a farci male, scivolando irreparabilmente verso il coma.
Giulia Maestrini
ps – passeggiando per il centro ho sentito una guida, che accompagnava una gita scolastica, dire al professore: “Le Contrade sono tutto, Siena è questo: Contrade e Palio”. Ecco, anche questo è il punto. Capire cosa vogliamo essere, una volta per tutte.
ps – in questi giorni di dibattito il vice sindaco (con delega alle attività produttive) Fulvio Mancuso ha annunciato che il Comune sta già lavorando a una nuova normativa che dovrebbe passare entro la fine di aprile in consiglio comunale e che dovrebbe abolire il famoso ‘tetto’ dei 4 eventi al mese. vi terremo aggiornati!
Nella foto di copertina “quando la banda passò”: la città accoglie la preparazione alle collisioni sonore di Alvin Curran nel programma di Siena 2015
L’altra cosa importante, su cui soffermarsi per rettificare, e che per eleganza e correttezza non viene specificata da La Bomba Carta, è nelle parole del vicesindaco Mancuso pubblicate sui giornali in questi giorni. Il regolamento comunale riguarda gli esercenti che contemplano “l’allietamento musicale durante la somministrazione di bevande”. Nel caso di Un Tubo l’ordine degli addendi è diverso, e il risultato cambia non indifferentemente: l’allietamento è del gargarozzo mentre la vera attività – AD ACCESSO GRATUITO – è di promozione della cultura musicale, da una parte ospitando e offrendo il lavoro di musicisti di livello internazionale, dall’altra offrendo un luogo di aggregazione e confronto artistico e culturale ai migliori allievi di musica del Paese. Insomma, se vogliamo essere sinceri, Un Tubo a Siena ha fatto più cultura del Teatro dei Rinnovati, se abbiamo il coraggio di dirlo apertamente.