Arte, Eventi, Idee, Santa Maria, Siena2019
ovvero, quello che non dovevamo fare e invece sì
Pochi giorni fa, sulla mia bacheca Facebook è comparso un aggiornamento da una pagina denominata “Siena Comunica“; foto del profilo, la balzana. “Strano – mi sono detta – non mi sembra di aver mai seguito questa pagina“. Ci ho cliccato sopra: ‘comunità’, quasi 32mila mi piace, nell’immagine di copertina una serie di microfoni. Macché, non mi dice niente. Eppure con 32mila like non può essere appena nata. Ci è voluto poco a scoprire l’arcano: Siena Comunica è la nuova versione di ei fu Siena 2019. Stessa pagina, con nome e immagini modificati, mantenendo così il database di pubblico costruito durante la candidatura. Operazione vincente, da un punto di vista di social media management, un po’ meno sotto altri aspetti.
Non è finita. Incuriosita, ho dovuto approfondire. Ho scoperto che il sito di Siena 2019 non esiste più. O meglio, esiste formalmente ma è stato svuotato dei contenuti. Si vede già dalla homepage che ormai è un’accozzaglia di poche cose, disordinatamente messa on line (è ovvio che, chi ha tolto, non si è preoccupato di riorganizzare i contenuti rimasti); basta poi cliccare sulle varie sezioni e si trova sempre la stessa schermata che rimanda al server del Comune di Siena: 404 file not found. Resta qualche foto, resta il roll che arriva da Twitter, resta quello che arriva da Facebook, dalla ‘nuova’ pagina Siena Comunica, appunto.
Mi stupisco? No, non del tutto. D’altronde, il giorno dopo la sconfitta nella corsa a Capitale Europea della Cultura 2019 gli uffici dell’Unità operativa al Santa Maria della Scala erano già stati smantellati. I contratti scaduti – più o meno tutti, tranne alcuni giunti alla fine del mese di ottobre per chiudere le ultime pratiche – i profili social e il sito della candidatura rimasti immobili, senza nessun aggiornamento: succede, quando non c’è nessuno che è predisposto ad occuparsene.
È strano? Forse no. La festa è finita, si spengono le luci, gli amici se ne vanno, resta una stanza un po’ sporca e disordinata, in cui il giorno dopo qualcuno si occuperà di pulire e rassettare e riportare tutto a come era, prima della festa. Eppure. Eppure per settimane ci siamo sentiti ripetere che non era lungimirante ‘buttare via il bambino con l’acqua sporca‘. Che quanto di buono era stato progettato e costruito – mica tutto, per carità, ma qualcosa di buono ci sarà stato – non andava gettato alle ortiche. Che i partner internazionali avevano confermato la volontà di investire e lavorare con Siena, che la Regione aveva confermato i 40 milioni di euro messi sul tavolo per dare gambe al famigerato ‘piano B’. Ci abbiamo creduto? Inizialmente forse sì. Si parlava di delibere regionali, di protocolli d’intesa, di tavoli tecnici bilaterali Regione-Comune per studiare la fattibilità dei progetti realmente cantierabili. E poi c’era la Capitale Italiana della Cultura 2015, confermata dal Ministro Franceschini, foriera di 200mila euro (non sono nulla, fidatevi…) che comunque sarebbe stata un modo per iniziare quel progetto di politica culturale di lungo periodo destinato a far uscire la città dalle secche in cui l’aveva trascinata la finanza scellerata.
Bene. La Capitale Italiana della Cultura, in effetti, c’è. E la giunta ha già deliberato una serie di iniziative (visibili qui) che si svolgeranno al Santa Maria della Scala, ai Magazzini del Sale e a Palazzo Patrizi. Chi si occuperà di gestirle? Non è chiaro. Lo si specifica solo per la mostra dedicata a Ambrogio Lorenzetti – considerata “iniziativa consona e di grande valore culturale” – per cui si dice che ci sarà un “comitato promotore, con il coordinamento generale a cura del Santa Maria della Scala” che coinvolgerà vari enti (Mibact, Università, Fondazione Mps etc). Sul resto, chissà. Probabilmente la società che si aggiudicherà la gara d’appalto appena bandita per la gestione dei servizi museali al Santa Maria e che, da capitolato, dovrà occuparsi anche dell’allestimento e dell’organizzazione di mostre decise dal Comune (con conseguente divisione degli introiti derivanti). E ai Magazzini del Sale e a Palzzo Patrizi? Non l’ho capito. Così come non ho capito – problema mio, non ho grande dimestichezza con gli atti burocratici – chi finanzia, a parte i 200mila euro erogati del ministero.
Quello che ho capito è che, anche i questo caso, si pensa al qui e all’ora. Quella che doveva essere una visione strategica di lungo periodo l’abbiamo chiusa in una cassetto. Della sfida di Siena 2019 non ne vogliamo più sentir parlare, perché l’onta va lavata via possibilmente in fretta e senza lasciare traccia. Sul futuro siamo ancora a discutere (in attesa che lo studio di fattibilità Comune-Fondazione Mps che aspettiamo in gloria ci illumini sulla nuova governance) e intanto ammucchiamo iniziative, mostre, idee e proposte l’una sull’altra, Lorenzetti con Burri e con Spoerri e con Pericoli, la medicina con le fotografie, il collezionismo, l’arte giapponese e quella belga e via andare. Che se poi dovesse venire fuori qualcosa che non ci piace, potremmo sempre cancellarne le tracce dal web, sperando che spariscano anche dalla memoria. File not found.
Giulia Maestrini
ps- una delibera che ha anticipato il bando detta anche i passaggi che si faranno per arrivare nel 2016 al “nuovo Santa Maria della Scala” e ci troviamo anche gli Stati Generali della Cultura di metà marzo e altri passaggi che coinvolgeranno la cittadinanza. Ma coinvolgerci in cosa se la lista degli “eventi” per la capitale italiana è già così densa e – appunto – deliberata?
ps2 – sullo studio di fattibilità sarebbe interessante sapere chi lo sta materialmente facendo.
ps3 – nel caso ve lo stiate chiedendo: sì, i siti della altre candidate al 2019 sono ancora in piedi e, pensa te, qualcuno (tipo Ravenna) lo sta usando per parlare della capitale italiana 2015 – provare per credere…
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