Avere una storia da raccontare è bello, è la cosa che ti salva come diceva un personaggio di Novecento, il monologo di Baricco: non sei realmente finito fino a che hai una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla. A Siena abbiamo una Storia, maiuscola, da raccontare ed un potenziale mondiale di pubblico a cui raccontarla, a cui è necessario raccontarla, per far capire davvero chi siamo, quali siano le nostre tradizioni, il nostro passato e la nostra nobiltà. In fondo la Galleria del Palio nasce per questo, per raccontarci.
Ma vi dirò, io non sono d’accordo. Cioè, è bello raccontarsi ma non è più bello farci raccontare di noi stessi? Non è più formativo confrontarci con gli altri e capire loro, il mondo, cosa sa e cosa ha capito di Siena? Ci saranno tante cose sbagliate, che ci faranno arrabbiare, ma anche la consapevolezza che se il mondo di noi ha capito qualcosa è perché noi glielo abbiamo fatto capire. Come? Raccontandoci solo parzialmente, raccontandoci male o non facendolo affatto. Come ci vedono gli altri è un lavoro psicoanalitico che la città deve fare e che, in parte, sta facendo grazie alla leva dell’arte contemporanea all’interno del progetto #CantiereComune, curato da Michelina Eremita per il Comune di Siena, operatori indipendenti e cofinanziato dalla Regione Toscana. More…
È quasi dicembre. Rassegniamoci. Per quanto io sia tra quelli che preferirebbero di gran lunga evitare l’argomento e, anzi, saltare direttamente al 7 gennaio, pare che in questo nostro mondo civilizzato sia obbligatorio farci prendere dagli spasmi del Natale. E quindi sì, è quasi dicembre e allora fiato alle trombe, iniziamo febbrilmente a decantare il magnificente programma natalizio che ci attende. “La carica dei 350 eventi per vivere la città” è quanto promette il cartellone unico del Comune, promosso dall’assessorato al Turismo e finanziato da Banca Monte dei Paschi. Due mesi, fino al 31 gennaio 2017 (ma queste feste natalizie non duravano già abbastanza..?), settanta soggetti coinvolti e, appunto, 350 eventi tra musei, mercati, degustazioni, concerti, cori, itinerari e l’immancabile Francigena che è come il nero, sta bene su tutto.
C’è davvero bisogno a Siena di un Museo, anzi di una Galleria del Palio? Sì. Assolutamente sì. Definitivamente sì. Non ne siete convinti? Benissimo, allora giriamo la domanda. È normale che un visitatore che arriva a Siena – universalmente riconosciuta nel mondo come la ‘città del Palio’ – non abbia un luogo dove andare a chiedere, a scoprire, a informarsi, a conoscere il Palio stesso? No. Assolutamente no. Definitivamente no. Non è normale. More…
L’arte contemporanea, facciamocene una ragione, esiste anche a Siena. Se ne è accorta la Regione Toscana prima degli altri che ha finanziato all’interno del progetto Toscana Incontemporanea due idee della nostra città, più due della nostra provincia.
In totale sono sei i progetti legati al nostro territorio che hanno partecipato al bando della Regione Toscana ed appunto sono stati finanziati, con un buon punteggio, il progetto del Comune di Siena – Cantiere Comune – nato da alcune esperienze di condivisione del tavolo dell’arte e dell’architettura coordinato dalla paziente e sapiente Michelina Eremita; il progetto dell’associazione FuoriCampo che continua il percorso di Itinera su mecenatismo e formazione ideato da Esther Biancotti e Jacopo Figura assieme a Oda32, ActionBrick e Culturing, più il progetto dei comuni della Valdelsa con Fenice Contemporanea e poi Tuscia Electa, proposto dal Chianti fiorentino ma che negli anni ha interessato anche il Chianti senese. I non finanziati – ma comunque progetti evidentemente solidi e che probabilmente vedranno la luce – sono “Passkey Art Festival” promosso dalla strada del Vino Nobile di Montepulciano ed un progetto di B-Side dal titolo “Ragazzi di Bottega”. More…
La questione è antropologica, non di natura culturale. A limite si tratta di marketing istituzionale e non di altro. Non c’entrano nulla le tradizioni, ma le politiche di immagine necessarie ad una università nel mondo contemporaneo. Sto parlando della cerimonia dei laureati in piazza San Francesco, a Siena, il “Graduation Day” di pochi giorni fa. Chiaramente la città si è divisa, tutti hanno avuto un commento da fare ed in genere negativo, ma secondo me senza cogliere la vera essenza della questione, o del problema se di problema si tratta.
Innanzitutto, liberandoci subito da questo tema (che invece è stato buttato nella discussione da molti) non c’entra niente con le Feriae Matricularum, con i goliardi o con il goliardo. Nessuno vuole importare una tradizione a scapito di altre. Non mi pare che per il loro (anacronistico) maggio i Goliardi abbiamo avuto difficoltà rispetto al passato. Il loro copricapo poi è quello degli studenti, il “tocco” usato per la cerimonia di giugno rappresenta il passaggio della laurea, non più studenti ma dottori, non più goliardi quindi. Avrei voluto poi sentirli i commenti se avessero fatto indossare a tutti i laureati in piazza San Francesco il goliardo dell’Università degli Studi, allora sì che ci saremmo divertiti. More…
Il drappellone di Tommaso Andreini è, non so quanto consapevolmente, il più chiaro specchio dei tempi contemporanei che Siena abbia avuto negli ultimi molti anni. Forse non è poi un paradosso che sia proprio un pittore senese ad incarnare così bene il presente vissuto dalla città e dalla Festa, bene come forse nessuno straniero, nessun artista collaudato, nessun pittore di fama o di esperienza avrebbe potuto incarnare. Andreini legge perfettamente il tempo attuale e lo trasporta sulla seta, regalando a Siena un Palio apprezzato dai contradaioli che in lui, d’altronde, si ritrovano e quindi si stringono a coorte.
Ovvero: il Padiglione Conolly e il governo della bellezza
Circa un anno fa si concludeva l’avventura di Siena e il suo doppio. Percorsi nel passato e letture del presente attorno a San Niccolò Città dei Matti, un seminario di teoria e critica della cultura che muoveva da una duplice congiuntura: la ricorrenza del quarantennale di Sorvegliare e punire, il celeberrimo volume di Michel Foucault dedicato alla nascita e allo sviluppo delle tecnologie di contenzione, e la presenza, nel cuore di Siena, di una delle cittadelle manicomiali più estese e significative d’Italia, corredata di uno dei rari esemplari europei ancora (più o meno) integri di Panopticon (Padiglione Conolly), il carcere criminale ideato dal giurista e architetto Jeremy Bentham alla fine del XVIII secolo e considerato da Foucault la matrice per eccellenza dell’ideale disciplinare.
L’incontro/scontro fra una riflessione teorica generale e la storia senese ha prodotto l’esperienza di ricerca più intensa della mia travagliata e precaria vita accademica. Due le figure locali che più di tutte hanno segnato la mia iniziazione: la storica della medicina e oggi assessore alla cultura Francesca Vannozzi, che ne ha minuziosamente ricostruito la storia e le cronache, e lo storico-testimone Gino Civitelli, More…
ovvero, breve riassunto di quello che (non) è successo a Siena grazie all’Art Bonus.
Quando il ministro Dario Franceschini lanciò l’Art Bonus (era il 2014) sembrava una soluzione geniale per combattere la sempiterna carenza di fondi pubblici e ministeriali da destinare allo smisurato patrimonio artistico nazionale e, al contempo, dare una buona chance di visibilità e marketing a tutte quelle aziende italiane dotate di gambe solide e voglia di farsi belle valorizzando la bellezza. Tutti ricordavamo, d’altronde, di quando Della Valle voleva finanziare il restauro del Colosseo ma non poteva a causa di cavilli e codicilli : alla fine ci riuscì (LEGGI) ma ancora oggi continua a raccontare la trafila che dovette affrontare tra burocrazie e uffici. Ecco qua, d’ora in poi sarà tutto più semplice. L’Italia non aspettava altro.
Dove si torna a fare una ricognizione di spazi e di riuso pubblico degli stessi
Cosa hanno in comune Milano, Pisa, Pistoia, Prato, Montepulciano, Certaldo, Bologna, Cesena, Russi, Ravenna, San Marino, Messina e chissà quante altre realtà territoriali più o meno grandi? Sono alcune delle città, le prime che mi sono venute in mente o che compaiono con una semplice ricerca su Google, che hanno messo in piedi un progetto di riuso a fini culturali e creativi dei loro ex macelli comunali.
Fa male al cuore, vederlo lì, con la rete rossa dei cantieri che prova a sostenere il suo declino, a imbrigliarne il destino ormai segnato, quello di sfasciarsi pian piano e cadere giù a pezzi. Chiunque abbia varcato una sola volta il cancello del villaggio del San Niccolò, l’ex ospedale psichiatrico, non può non averlo notato: il Padiglione Conolly giace lì in mezzo, dove la collina inizia a degradare verso la valle dell’Orto dei Pecci. Affaccia su una strada che non si capisce bene se sia sotto la cura dell’Asl o dell’Università, le due istituzioni che negli anni si sono avvicendate alla gestione e guida di quell’area, poco più avanti inizia la zona privata dove una lottizzazione ha costruito begli appartamenti. Mi chiedo cosa provino gli abitanti di quelle case, ogni giorno e ogni sera passando davanti a quell’edificio così intriso di memoria – anche dolorosa memoria – eppure così abbandonato. Dimenticato, come nel più surreale dei paradossi.
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